CENNI STORICI
MONTECCHIO E IL CAPOLUOGO GIANO DELL’UMBRIA
MONTECCHIO
Montecchio, castello sorto probabilmente prima dell’XI secolo, nel 1077 seguì Spoleto ed altri luoghi per difendere i diritti della Chiesa contro l’Impero, nel 1091 gli abitanti si unirono a Spoleto e Gubbio per cacciare l’antipapa Gilberto che si era insediato a Foligno. Verso la fine del XII secolo il castello fu incluso nel feudo dei Nobili signori di Giano e compreso nel territorio denominato Normannia (o Normandia). Passato successivamente sotto il dominio dell’Impero, del Comune di Spoleto, della Chiesa ed ancora dell’Impero, nel 1247 fu concesso dal card. Raniero Capocci al Comune di Spoleto, nel 1250 ascese al rango di Comune rurale. Conteso da Bonifacio da Fogliano (1255), Guglielmo Visconti (1274) e Giovanni de’ Moralis (1281), rettori del Ducato di Spoleto, nel 1293 fu sottoposto al Comune di Todi; ricondotto sotto l’egemonia della Chiesa, quindi degli Atti di Todi (1373) ed ancora della Chiesa (1374) la quale, nel 1383, lo concesse a Corrado ed Ugolino Trinci. Dopo le successive dominazioni: Comune di Todi (1438 e 1455), di Spoleto (1455), Bartolomeo della Rovere (1479), Comune di Todi (1484), Lorenzo Cybo (1489) ed ancora Comune di Todi (1518), nel 1527 gli abitanti si sottomisero a quello di Spoleto. Il pontefice Clemente VII di ritorno da Bologna a Roma (30 marzo 1530) fece sosta nel castello. Per il timore del passaggio dell’esercito francese (1557) che si recava a Napoli, i Montecchiesi abbandonarono le loro dimore; soccorsi dai Gianesi e tranquillizzati dal comportamento inoffensivo dei militi rientrarono nel castello. Ancora sottoposto come comune (Communis Monticuli) a quello dominante di Spoleto, nel 1798 (Repubblica romana) fu incluso nel Cantone di Trevi (Compartimento del Clitunno), durante l’Impero francese (1809-14) nel Dipartimento del Trasimeno. Con la riforma amministrativa del ripristinato Stato pontificio (6 luglio 1816) fu aggregato al Comune di Giano come appodiato e nel 1860 (Unità d’Italia) come frazione. Importanti istituzioni sono l’Università agraria, sancita per sentenza del Tribunale di Spoleto nel 1896 e resa operante nel 1899, la Banda musicale S. Cecilia, la Pro-Loco ed il Centro culturale Caio Flaminio. Personaggi noti Domenico e Lorenzo Mattei, rispettivamente primo sindaco di Giano (1860-70) e garibaldino morto nella celebre battaglia di Mentana.
Per quanto riguarda il contesto strutturale, Montecchio (Monticulo) si eleva sul colle che domina il tracciato originale della via Flaminia (Flaminia vetus) costruita dal console Caio Flaminio (220 a.C.). Parte della cinta muraria risale al XIV secolo, ma la tecnica costruttiva di alcuni brevi tratti suggerisce una datazione più antica. All’interno del castello si accede mediante due ingressi: quello originale, sormontato dallo stemma di Spoleto (XVI secolo), affiancato da altri due abrasi, e quello denominato Porta Nova..
Chiesa di San Bartolomeo
A sud-ovest della piccola piazza posta all’interno delle mura, prospiciente all’ex Palazzo della Comunità (con l’ingresso sormontato dallo stemma del castello -tre monti- del XVI secolo e la lapide dei caduti nelle guerre per
l’Unità d’Italia e 1915-18), sorge la Chiesa di S. Bartolomeo, già appartenente all’antico Plebanato di S. Maria di Lucciano, poi eretta parrocchiale verso la metà del XV secolo.
L’anno di costruzione della chiesa, ad unica navata e copertura a capanna, fiancheggiata dalla torre campanaria e dall’ex canonica, è probabilmente quella incisa nella base della lunetta del portale di accesso: A[N]NO D[OMI]NI MCCXXIII, nel prospetto della medesima lunetta è scolpita un’interessante scultura, purtroppo molto danneggiata, raffigurante una persona che regge un giglio nella mano destra, un sottostante pavone affiancato da un presunto leone e, lateralmente, due persone riverenti (oranti ?).
L’interno conserva scultore e resti di affreschi del XIV e XV secolo in parte provenienti dalla diruta chiesa di S. Maria delle Grazie (Madonna col Bambino, Madonna col Bambino e S. Anna, santo benedicente ed una donna inginocchiata). L’altare maggiore è costituito da una ricco paramento ligneo policromo; nel cartiglio a tempio sormontato da croce campeggia il Cristo pantocreatore, nella pregevole tela seicentesca Madonna reggente il Bambino con sotto S. Lorenzo e S. Bartolomeo; sullo sfondo il castello di Montecchio. Il ciborio, in legno dorato, è decorato con le statue di S. Pietro e S. Paolo.
Nella tripartizione del paliotto lapideo dell’altare, anch’esso proveniente dalla diruta chiesa della Madonna delle Grazie, sono rappresentati S. Paolo, l’Arcangelo Gabriele e S. Pietro; nella cornice superiore la data 1430; un affiancato capitello con figure muliebri serve da leggio.
Lungo la parete antistante l’ingresso le tele seicentesche dei diruti altari di S. Giuseppe (rappresentazione Sposalizio della Vergine) e della Madonna del Rosario (tela datata 1635), entrambi con lo stemma del castello, un Crocefisso del XVII secolo ed il Fonte battesimale.
Nel vano adibito a sagrestia, resti di affreschi del XV secolo raffiguranti S. Bernardino da Siena e S. Leonardo; sul sagrato lastre tombali provenienti dal pavimento della chiesa.
Chiesa di San Rocco
Ai piedi del castello, tra il tracciato originale e moderno della via Flaminia, prossima al sito della diruta chiesa della Madonna delle Grazie, sorge la Chiesa di S. Rocco; l’aspetto attuale deriva da un recente vasto restauro effettuato dall’Università agraria, proprietaria della costruzione. Nel tamburo dell’abside erano dipinte le immagini della Madonna, di S. Rocco e S. Sebastiano; lungo le pareti laterali resti di altri affreschi del XVI secolo.
Annesso alla chiesa, ora sede dell’Università agraria, operava l’Ospedale di S. Bartolomeo, già documentato nel 1571 ed ancora attivo nel 1809. Successivamente la struttura fu adibita ad Hosteria. Sul muro sinistro della scalinata che immette al piano superiore è murata una lapide che documenta il dominio di Spoleto sul luogo con la seguente iscrizione: SER ANDREAS. TR/ANSARICUS. DE/SPOLETO VICAR/IUS. AERE PUBLI/CO. MONTICULI. FIERI. CURAVIT./ 1560; nella parte sottostante gli stemmi di Spoleto e Montecchio.
Chiesa di San Lorenzo
Altra interessante chiesa (proprietà privata) è quella di S. Lorenzo costruita verso la fine del XVII secolo. Nel 1713 il vescovo di Spoleto, Giacinto Lascaris, la descrisse piccola, in buone condizioni strutturali, con unico altare ornato dall’immagine di S. Lorenzo, recentemente edificata da Attilio Mattei.
GIANO DELL’UMBRIA
Il castello di Giano (Castrum Iani), superstite di pagi umbri, etruschi e romani, trae il suo nome dall’omonima divinità pagana romana: Janus. Principale ricordo del periodo romano era la distrutta necropoli di Montecerreto; anche il locale toponimo Lucciano sembra derivare da Lucus Iani, ossia Bosco di Giano. Assediato probabilmente dai Goti e Bizantini, fu incluso nel Ducato di Spoleto; nel 760 (Placito di Desiderio riguardante la definizione dei confini fra Spoleto e Todi) è nominato Jane e nel IX secolo (Passio di S. Felice) Castricianum (Castrum Iani). Il castello seguì Spoleto ed altri luoghi negli anni 1077 e 1091, rispettivamente per difendere i diritti della Chiesa contro l’Impero e per cacciare l’antipapa Gilberto che si era insediato a Foligno; nel 1155 accolse i fuggiaschi spoletini in occasione dell’incendio della città ordinato da Federico Barbarossa. Soggetto alla signoria di nobili locali, che sottomisero anche Castagnola e Montecchio, ed incluso nel territorio della ricordata Normannia (o Normandia), nel 1247 fu concesso dal card. Raniero Capocci al Comune di Spoleto, poco dopo (1250) ascese al rango di Comune rurale. Conteso inutilmente da Bonifacio da Fogliano (1255), Guglielmo Visconti (1274) e Giovanni de’ Moralis (1281), rettori del Ducato di Spoleto, nel 1293 i castellani decretarono la loro autonomia.
Successivamente Gregorio IX affidò la signoria di Giano agli Atti di Todi (1373), dal 1383 al 1439 vi dominarono i Trinci di Foligno. Concesso dipoi al Comune di Spoleto (1440), a Matteo Fieschi conte di Lavagna (1455), nel 1474 passò sotto il diretto dominio della Chiesa poi del Comune di Spoleto (1478).
Nel 1514 Leone X offrì la signoria di Giano allo spoletino Severo Minervio, ma gli abitanti non vollero riceverlo come loro signore e se ne riscattarono pagando una forte somma di denaro; a seguito di questo evento l’anno successivo il medesimo Pontefice lo concesse a suo nipote Lorenzo Cybo. Per la mancata difesa del castello da parte di quest’ultimo in occasione dell’assedio dell’Esercito della Lega (1527), i Gianesi si posero sotto la protezione di Spoleto. Il Cybo chiese la restituzione del luogo, ma il Comune di Spoleto, per mediazione papale e dietro versamento di una notevole somma di denaro, riuscì ad ottenerne l’investitura (9 agosto 1529); per una ribellione contro lo stesso comune (1532), i fautori della rivolta furono trasferiti in città ed impiccati sulle finestre del Palazzo del popolo.
Durante la Repubblica Romana (1798), con giurisdizione amministrativa su Montecchio, Castagnola, Morcicchia, Moriano e Colle del Marchese, Giano fu incluso nel Cantone di Trevi (Compartimento del Clitunno), nell’Impero francese (1809-14) nel Dipartimento del Trasimeno. Con la Riforma amministrativa dello Stato pontificio (6 luglio 1816) fu eretto a comune con appodiati i castelli di Montecchio, Castagnola e della Morcicchia, poi frazioni con l’avvento dell’Unità d’Italia. Aggregato al Comune di Spoleto nel 1927, riconquistò l’indipendenza giurisdizionale nel 1930.
Il castello è cinto da due cerchia di mura (XIII e XIV secolo) con ampliamento verso nord-est (XV secolo), con rispettive porte di accesso (Spoleto, Superiore, Inferiore), il nucleo conserva ancora il tipico aspetto medievale. Al vertice del rilievo si dislocano i principali luoghi della vita amministrativa e religiosa: Palazzo municipale (XII-XIII sec.), Chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo (XIII sec.) e della Madonna delle Grazie (nucleo antico XIII sec., ricostruzione 1790), gli ex oratori delle compagnie del SS.mo Sacramento e della Misericordia ed il Monumento ai caduti nelle due guerre mondiali. Fra la prima e la seconda cerchia di mura erano ubicati il Reclusorio delle Agostiniane, l’Ospedale dei pellegrini e l’esistente ex Casa delle Adoratrici del Preziosissimo Sangue. Fuori la cinta difensiva, invece, sono le chiese di S. Biagio (1680), di S. Francesco (XIII sec.), con annesso ex convento dei Francescani, e quella dissacrata dell’Annunziata. Personaggi illustri i Francescani Giordano, Bartolomeo e Bonaventura, l’agostiniana Chiarella di Giacobetto, l’ing. Antonio Gentili Rutili e la poetessa Anna Maria Leoncilli Massi; della vicina frazione di Macciano il vicario card. Basilio Pompilj e don Giacinto Petroni.
Abbazia di San Felice
Poco distante da Giano sorge l’abbazia di San Felice. Il sacro luogo trae le sue origini da un oratorio paleocristiano iniziato ad edificare dall’omonimo santo, vescovo del vicus Martis e martire sotto Diocleziano e Massimiano (304 d. C.). Nel 950 i Benedettini costruirono sul luogo della sepoltura una chiesa più grande con unito monastero; quella attuale, capolavoro dell’arte romanica (romanico-lombardo), è stata edificata intorno al 1130 e mostra affinità con altre chiese del circondario, specialmente spoletino.
La facciata, in origine a quattro spioventi come mostra il paramento, è stata innalzata e coperta a capanna nel XVI secolo. Il portale, a tre rincassi, presenta un architrave in travertino su cui sono scolpite foglie piatte uncinate, la lunetta è priva di decorazione.
Sopra al portale si apre l’elegante trifora con archetti ben scanditi da sopracciglio, più in alto, sotto l’occhio di bue, è murato un capitello composito, databile al IV secolo, che rappresenta il più vetusto reperto ornamentale di reimpiego della chiesa.
L’interno, completamente ricoperto nei primi decenni del XVIII secolo da decorazione pittorica e stucchi (immagini, capitelli e finti marmi) e riportato all’aspetto originale durante il vasto restauro effettuato negli anni 1955-58, è diviso in tre navate di cui coperta a botte quella centrale innalzata ed a crociere le due laterali, il tutto sostenuto, mediante arcate longitudinali e trasversali, da possenti colonne in conci cinerei e rosati nell’aula dei fedeli e di reimpiego nel presbiterio.
Nell’area presbiterale, notevolmente rialzata dal piano della sottostante cripta e dell’aula dei fedeli, a cui si accede mediante ripida scalinata sormontata dall’arco trionfale con elegante bifora, riposa l’altare maggiore con stipes decorato da finta fenestella, che richiama quella dell’arco trionfale; ai lati della mensa riposa parte dell’antico coro, in fondo si sviluppano le tre absidi rispondenti alle navate. Due aperture conducono alla moderna sagrestia (ex tromba dell’antico campanile) ed al primo loggiato del chiostro.
Altre due porte, situate ai lati della scalinata che conduce al presbiterio, immettono alla cripta. Il suggestivo ambiente, probabilmente del X-XI secolo, con pavimento di poco inferiore a quello dell’aula dei fedeli, è diviso in tre navate che scaricano il maggior peso su due pilastri a crociera, il fondo è chiuso dai bassi tamburi delle absidi della chiesa. Le colonne sono di recupero, una di restauro; i capitelli, di cui due compositi incompiuti del VIII-IX secolo, sono cubici scantonati decorati con figure geometriche e fantastici animali.
Al centro dell’abside centrale, dietro l’altare, su cinque colonnine (in origine sei), riposa il sarcofago in travertino contenente le spoglia mortali di S. Felice. La sepoltura, del V-VI secolo, con coperchio displuviato, presenta sulla fronte una tabula ansata anepigrafe.
Sul fianco destro della chiesa si apre il chiostro del XVI secolo (portico e primo loggiato) con sopraelevazione del 1720; nel rettangolo centrale, in posizione decentrata, si pone un profondo pozzo protetto da parapetto e coperto con cupola metallica in stile orientale. Le lunette sono decorate con la raffigurazione della Passione di S. Felice, opera dell’agostiniano Giuseppe Maria Franciosi (1691); i peducci delle vele con santi e beati.
Dal chiostro si accede all’aula capitolare, con volta a vele sostenute da una possente colonna in conci rosati, altra simile è incassata nella parete sud; sul corridoio d’ingresso sono murati reperti antichi (plutei ecc.) appartenenti alla decorazione della precedente chiesa.
Dal primo loggiato del chiostro si accede al Cappellone (antica sagrestia degli Agostiniani) decorato con ciclo di affreschi della metà del XVIII secolo raffiguranti la Passio di S. Felice, nella volta il Santo in gloria.
Importante è il refettorio (1553), con scanni e dossali della fine del XVII secolo ed elegante lavabo del 1601; sulla parete sud Trinità crocifissa, frammento di un perduto ciclo di affreschi.
Imponente è la vista esterna delle tre absidi chiuse in alto da una serie di archetti ciechi e divise da paraste e semicolonne in settori su cui si aprono feritoie e monofore. Nella parte superiore è il loggiato (1516), sulla sinistra riposa il campanile (fine XVII secolo).
All’antico corpo monastico si addossano le due possenti ali: settentrionale (1732) e meridionale (1790).
Per quanto riguarda il possesso dell’abbazia, nel 1450 passò dai Benedettini agli Agostiniani che vi abitarono fino al 1798, dal 1803 al 1810 fu tenuta dai Passionisti; il 15 agosto 1815 S. Gaspare Del Bufalo vi istituì la Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue. Questi ultimi, espulsi nel 1862 (Unità d’Italia) tornarono nel 1937 ed ancora oggi ufficiano e custodiscono il sacro luogo.
La festa di S. Felice, patrono del Comune di Giano dell’Umbria, si celebra solennemente il 30 di ottobre.
CASTAGNOLA
Castagnola, castello sorto probabilmente prima dell’XI secolo, nel 1077 e 1091 con Spoleto, Giano, Montecchio ed altri luoghi difese, rispettivamente, i diritti della Chiesa contro l’Impero e l’antipapa Gilberto che si era insediato a Foligno. Verso la fine del XII secolo cadde sotto l’egemonia dei Nobili signori di Giano ed incluso nel territorio denominato Normannia (o Normandia). Nel 1247 fu concesso dal card. Raniero Capocci al Comune di Spoleto. Successivamente seguì le vicende storiche del castello di Giano fino al 1380; dal 1383 al 1439 fu soggetto alla nobile e potente famiglia Trinci di Foligno. Nel 1455, per concessione pontificia, passò sotto il dominio di Matteo Fieschi, conte di Lavagna. Dipoi nel 1461, 1478, 1479 e 1484 fu sottoposto, rispettivamente, al Comune di Todi, di Spoleto, alla famiglia Della Rovere ed ancora al Comune di Todi. Ritornato nel 1533 sotto la soggezione del Comune di Spoleto, nel successivo anno fu ripreso da quello di Todi sotto a cui restò fino al 1798 quando, con l’avvento della Repubblica Romana, fu incluso nel Compartimento del Clitunno e durante l’Impero Francese (1809-14) nel Dipartimento del Trasimeno. Nel 1816 il castello, come appodiato, fu aggregato al Comune di Giano e dal 1860 come frazione.
Per quanto riguarda il contesto strutturale, conserva poche tracce delle mura originali tra cui la torre di sentina, trasformata poi in campanile, e la porta di accesso sormontata dallo stemma di Todi del XVI secolo.
All’interno del castello sorge la chiesa di S. Croce, con annessa ex canonica, e l’ex palazzo del Comune. Personaggio noto del luogo è stato lo scultore Francesco Fortunelli.
Santuario della Madonna del Fosco
Nell’ultima domenica di giugno del 1413, mentre nel castello di Castagnola infieriva una flagellante pestilenza, apparve la Madonna ad un pastorello al quale disse “se gli abitanti del luogo vogliono essere salvati dal mortale morbo facciano qui costruire una chiesa”. I Castagnolesi, secondo le possibilità economiche, edificarono una maestà (lunga otto palmi e alta 10) nella cui parete di fondo il pittore Ottaviano Nelli da Gubbio vi dipinse la scena dell’apparizione; immediatamente, come ricorda la tradizione, il morbo abbandonò il paese.
La piccola costruzione, più volte ampliata nei secoli, su disegno del Missionario d. Giovanni Merlini fu trasformata in santuario (1854-1860) e consacrata l’8 ottobre 1860 dal vescovo di Spoleto Giovanni Battista Arnaldi.
Con l’occasione l’affresco dell’apparizione della Madonna fu decorato con un prezioso paramento ligneo in stile gotico, commissionato dal barone Decio Ancajani di Spoleto ed eseguito dallo scultore Ricci perugino; la decorazione della cappella (1861) è opera del pittore Angelo Salvatori.
In stile neoclassico la chiesa si presenta con pianta a tre navate con asse trasversale a formare una croce greca con al centro il cupolino; le coperture sono parte a botte e parte a crociera.
Negli anni 1960-61 il santuario è stato sottoposto ad un vasto intervento di restauro; nell’occasione vi furono trasferiti dalla chiesa di S. Felice i due altari laterali: Madonna del soccorso e Crocifissione. Attualmente il sacro luogo risulta spoglio a causa di furti che hanno interessato sia l’altare maggiore sia i laterali.
E’ da ricordare che ogni anno durante il mese di maggio il santuario è meta di pellegrinaggi.
LE RICCHEZZE NATURALI
Adagiato lungo la falda orientale dei Monti Martani, che dalla vetta del Monte Martano (m. 1094 s.l.m.) degrada fino al breve terrazzamento del Torrente Puglia (alt. min. 273), in un contesto geologico predominato dalla scaglia rossa (Eocene medio-Cenomaniano), cinerea (Oligocene-Eocene superiore), bisciaro (Aquitaniano-Langhiano), marnoso-arenacea (Langhiano-Tortoniano) e dai terreni lacustri, il territorio del Comune di Giano dell’Umbria si affaccia, come ideale punto panoramico, sulla Francescana Valle Spoletina o Spoletana.
Al predominante verde intenso del bosco d’alto fusto, che si sviluppa nella zona sub-montana e collinare (ove predomina la roverella alla quale si associano il cerro, ginepro, faggio e qualche raro esemplare di ligustro e corniolo), e delle sottostanti macchie cedue e pinete di rimboschimento, che vegetano fra gli ulivi e vigneti, si associa, specialmente nel periodo primaverile-estivo, l’aureo colore del grano, delle ginestre e dei girasoli interrotti, qua e là, da quello più candido del biancospino e purpureo del caprifoglio.
Alzando gli occhi si scorgono i verdi prati delle cime dei Monti Martani (con la presenza del branchipodio pennato, bromo eretto, della festuca ovina, del profumato serpollino e della carduccia), talora interrotti da piccoli bacini idrici che rendono ancor più suggestivo il paesaggio, percorsi da mucche, cavalli, e greggi condotti al pascolo estivo.
In questo inestimabile contesto floristico, già studiato nel 1611 dal celebre fondatore dell’Accademia dei Lincei Federico Cesi, vive la fauna stanziale.
Per quanto riguarda gli uccelli (stanziali e migratori) si ricordano: Beccaccia, Cardellino, Colombaccio, Cornacchia grigia, Fagiano, Fringuello, Gazza, Ghiandaia, Merlo, Picchio rosso maggiore, Picchio verde, Rondine, Storno, Tordo bottaccio e sassello, Tortora, Tortora dal collare orientale, Upupa; importante è anche la presenza dell’usignolo e quella, sia pur rara, del passero solitario tanto decantato dal Leopardi. Tra i rapaci sono presenti il Falco pellegrino, Gheppio, la Poiana e lo Sparviero; tra i mammiferi si citano: Capriolo, Cinghiale, Donnola, Faina, Furetto, Gatto selvatico, Istrice, Lepre comune, Lupo, Martora, Puzzola, Scoiattolo, Tasso, Volpe; tra gli anfibi la Rana verde ed il Rospo comune; tra i rettili la Biscia dal collare, il Biacco, Geco (rarissimo) e la Vipera comune (Pericolosa per l’uomo); tra gli insetti è utile ricordare il Cervo volante, lo Scarabeo rinoceronte, il Macaone e la Saturnia del pero. Nei fori tondeggianti del vede tappeto montano vive la tarantola non comune a tutti i luoghi dell’Umbria.
È questo il contesto naturalistico che si presenta agli occhi di colui che a piedi o a cavallo percorre il non difficile ed attrezzato percorso dei sentieri escursionistici. “Giano era splendido in quella sua ampiezza silenziosa: pace, pace, ma vera pace del Signore”, ricordava S. Gaspare Del Bufalo; una pace armonizzata dall’aria pura, dal canto degli uccelli, dal profumo dei fiori e delle altre essenze vegetali.
Testo a cura di F. SANTINI
Bibliografia
BERNARDINO DE’ CONTI DI CAMPELLO, Delle historie di Spoleti, I, Spoleto 1672. A. SANSI, Storia del Comune di Spoleto dal secolo XII al XVII seguita da alcune memorie dei tempi posteriori, I, Foligno 1879; II, Foligno 1884. Stesso autore: Documenti storici inediti in sussidio allo studio delle memorie umbre, Foligno 1879. G. ANGELINI ROTA, Spoleto e il suo territorio, ediz. 1920 e 1929. G. ERMINI, Una contrada <Normandia> nell’Umbria dei secoli XIII e XIV (Studi in memoria di Roberto Michels -Annali della f.g. dell’Univ. degli Studi di Perugia-), XLIX, 1937. G. MARTELLI, L’abbaziale di S. Felice di Giano e un gruppo di chiese romaniche intorno a Spoleto, in Palladio, RSA, Nuova serie, an. VII, 1957, fasc. II-III (II), aprile-settembre. J. RASPI SERRA, L’abbazia di San Felice presso Giano, Spoleto, 1970. S. CECCARONI – S. NESSI, Da Spoleto a Massa Martana -Itinerari spoletini-, Spoleto 1978. L. FAUSTI, I castelli e le ville dell’antico contado e distretto della città di Spoleto, ediz. a cura di L. GENTILI – E. PACIFICI – B. SPERANDIO, I, Spoleto 1990. P. SALVATORI, Giano dell’Umbria -La storia, i monumenti, gli itinerari-, Ellera Umbra 1999. F. SANTINI, L’abbazia di S. Felice presso il castello di Giano, Roma 1999. Stesso autore: Giano dell’Umbria e il suo territorio, Giano dell’Umbria 2000. Statuto di Castagnola, traduzione in volgare, sec.18. del testo originale in lingua latina del 1846, estratto del 1838, Giano dell’Umbria 2003. Statuto della Morcicchia – Moriano : Traduzione in volgare (1600) del testo originale latino del 1513 – 1521, Foligno 2005. Il Santuario della Madonna del Fosco presso il castello di Castagnola nel comune di Giano dell’Umbria, Roma 2009. F. SANTINI- C. SANTINI, Montecchio, miscellanea di notizie storiche, Montecchio 2001.